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Archive for the ‘architettura’ Category

Tutti noi siamo, per così dire, “addestrati” ad un andamento retorico del nostro modo di presentare che ha radici profonde,  che possiamo fare risalire alla retorica antica e, in tempi più ravvicinati (ma non poi tanto), a Quintiliano. Questo andamento è la classica dispositio, ovvero l’arte di disporre gli argomenti secondo uno schema che più o meno è questo:

  1. exordium, esordio, tentativo di accattivarsi l’uditorio delectando e movendo con ornamenti;
  2. narratio, esposizione, esposizione dei fatti, per docere l’uditorio, in ordine cronologico o con una introduzione ad effetto in medias res;
  3. argumentatio, argomentazione, dimostrazione delle prove a sostegno della tesi (confirmatio) e confutazione degli argomenti avversari (refutatio);
  4. peroratio, epilogo, la conclusione del discorso, muovendo al massimo gli affetti dell’uditorio e sviluppando pathos.

(Fonte: Wikipedia).

Lo avete riconosciuto? Si, è il buon vecchio tema in classe, ma anche la tesi di laurea, la tesi di dottorato e così via. Questo pattern è quello che ci viene consegnato dalla tradizione, e che si infila subdolamente nelle nostre email, nei nostri articoli, nelle nostre presentazioni.

Muovere da questo schema ad uno schema nuovo richiede un processo di apprendimento e di verifica, fatto spesso in età adulta.

Bene, non la faccio troppo lunga, perché in realtà volevo solo segnalarvi un bel post di Olivia Mitchell che spiega perché è una buona idea mettere la conclusione (o il “succo) all’inizio della vostra presentazione. Le ragioni sono valide. In questo modo:

  • Fornite all’audience un “contesto”, ovvero un “pattern” entro il quale collocare quello che direte dopo
  • Aumentate l’attenzione
  • Potete permettervi di ripetere durante l’esposizione i concetti-chiave
  • Facilitate i processi di decisione

Ci sono anche casi particolari in cui potete violare questa regola, ma  la maggior parte di questi casi non coincide con quelli che vengono di solito addotti (ad esempio: “devo comunicare una brutta notizia”).

E’ un principio valido per la scrittura in rete, ma vale anche per le presentazioni. E ce ne accorgiamo ogni volta che viene violato, ovvero quanto un presentatore comincia il discorso spiegandoci la storia dell’azienda (“nasciamo nel 1986, come joint venture”, echissenefrega), la mission e tutto il contorno che conosciamo.

Insomma, andate la punto subito, o almeno provateci.

 

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Nelle presentazioni, specie se lunghe, è necessario costruire un’agenda che viene mostrata al pubblico all’inizio e nelle diverse parti della presentazione. Questa agenda, come abbiamo già detto, ha lo scopo di rivolare la struttura della presentazione mostrando alla platea il nostro “grande disegno”, che altrimenti resterebbe celato da slide che proseguono una alla volta.

L’agenda ha quindi un doppio ruolo, rivola una struttura e serve allo stesso tempo a metterla alla prova: se non riusciamo a costruire una agenda coerente probabilmente la nostra struttura è traballante.

Alcuni consigli per crearla.

  • Mantenetela breve. Non sbrodolate con i testi dell’agenda
  • Solo il primo livello. Non mettete in ogni voce dell’agenda anche i sottopunti. Mettete piuttosto i sottopunti nei separatori che inserirete ad ogni inizio di capitolo
  • Evidenziate graficamente il punto in cui siete dell’agenda. Come nell’esempio più sotto
  • Usate le liste numerate, non quelle puntata, visto che si tratta di punti in sequenza
  • Coerenza grammaticale e visuale. Cercate di mantenere coerenti la lunghezza e gli elementi grammaticali di ciascun punto
  • Usate i separatori. Ribadite l’agenda ad ogni inizio capitolo. In alternativa, espandete ad ogni inizio capitolo il singolo punto con i suoi sottopunti.

Ecco un esempio, di Jan Schultink (in realtà nel post Jan è critico con questa impostazione).

Ecco un esempio più creativo, di Jon Thomas

Good Agenda Slide

Upadate: su suggerimento di Alessandra, ecco la proposta dell’ottimo Garr Raynolds, che ha il pregio di riuscire a dare anche un’idea (relativa) del tempo che occuperà ciascun argomento. Ecco anche come fare per ricrearla.

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Dare elementi alla propria platea per non “perdersi” durante una nostra presentazione è ovviamente un proposito sano che andrebbe sempre tenuto a mente. Le persone vedono solo una slide alla volta e non hanno – quasi mai – sottomano il “grande disegno” che dobbiamo rappresentare loro.

Proprio per questo è necessario favorire l’ambientazione del pubblico nel nostro argomento fornendo tutti gli elementi necessari. Il primo elemento è ovviamente una buona architettura: una presentazione con un andamento oscillante, che mescola cose diverse, che salta di palo in frasca e non ha una struttura solida rischia di lasciare le persone con molti punti interrogativi.

Ma ci sono altri elementi, collaterali, che aiutano allo scopo: Powerpointninja ne elenca alcuni e in particolare consiglia di evidenziare sempre il numero della slide rispetto al numero totale di slide. Un accorgimento stupido ma essenziale per fare capire le persone a che punto siamo.

Add slide numbering in the Slide Master.

Io lo uso sempre e devo dire che chi mi ascolta in genere apprezza questa piccolezza, che fornisce un elemento altrimenti non desumibile in nessun altro modo

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Nelle presentazioni il tema della piramide è presente da sempre sotto molte forme: modalità di architettura dei contenuti,  strumento concettuale per l’ esposizione, forma di pensiero. E via triangolando.

Sembra proprio che la geometria della presentazione sia dominata da questa figura, e del resto il triangolo si presenta anche se guardiamo gli elementi in gioco: slide, platea, oratore. Naturalmente l’esempio più illustre e noto di questa linea di pensiero è quello di Barbara Minto e del suo Pyramid principle.

Ecco una risorsa che lo spiega brevemente:

(e qui scaricate il PDF che spiega il principio della piramide di Barbara Minto).

Ma io  volevo  segnalarvi un’altra cosa, ovvero un post dal blog Cleavefast, che propone addirittura un gioco: si tratta di identificare dapprima il messaggio globale (ovvero la punta della piramide) e di procedere poi a creare storie e idee che riescano a “scalare” la piramide arrivando al messaggio globale.

Presentation_Planning_Pyramid

E’ un’idea affascinante e credo che chiunque proivi ad affrontare un argomento in questo modo si ritrobvi alla fine non solo padrone della materia, ma anche capace diinteressare molto di più la sua platea.

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Dopo un po’ di riflessioni (ma neanche tante) ho deciso di pubblicare (e fare scaricare) un estratto della mia lezione-tipo sulla presentazione efficace con le slide, ovvero uno dei miei “cavalli di battaglia” nella mia attività di formatore.

Perché le pubblico? Perché nel tempo questo cavallo si è assai stancato, così come il suo cavaliere. Insomma, questo argomento ha cominciato veramente a nausearmi, e così ho deciso di condividerne almeno una parte, togliendo il più possibile gli esempi che in genere mostro.

Usatele pure, ma ricordate che è sotto licenza Creative Commons, il che non significa: “Fai quel cacchio che ti pare”. Ok?

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Vi segnalo un altro bell’articolo in italiano, di Ester Liguori, dedicato a Slide ed eccessi comunicativi. Tra l’altro le indicazioni sugli elementi di paratesto sono simili a quelle che ho indicato nel post precedente.

Ecco un (p)assaggio dell’articolo:
“Il desiderio di stupire purtroppo spesso scavalca quello di essere efficaci e senza rendersi conto di ciò che si fa si finisce con lo sfruttare male un buon ausilio comunicativo.”

Su questo argomento è interessante anche un vecchio post di Garr che si ispira ai personaggi di “Guerre stellari”.

Preferite le slide di Darth Vader o quelle di Yoda?

Darth_2 Yoda



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Un divertente articolo di T.J. Walker che invita a non diventare schiavi di Powerpoint.

Il succo del discorso è condivisibile: un conto è la presentazione completa, ovvero quella che potrete lasciare o spedire per posta, fatta magari di 500 slide, e un conto è la presentazione concreta, fatta per il pubblico, che sarà composta solo dai punti chiave di quella particolare occasione.

In realtà questo è meno un problema di numero di slide che un problema di architettura e strategia. Se avete capito chi è la vostra audience, quali sono i suoi problemi e le sue aspettative specifiche, il vostro intervento sarà sempre e solo una accurata selezione delle cose che potreste dire.

Ricordate che, nelle presentazioni efficaci, il più è meno, e ll meno è più.

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Per quanto si voglia essere creativi, una presentazione è un prodotto assai strutturato; questa caratteristica può trasformarsi in un vantaggio cognitivo per i nostri ascoltatori, purché questa strutturazione sia pensata in modo organico e leggibile.

Una buona presentazione, quindi, comincia da una buona architettura (ovvero la costruzione della sequenza e la sua organizzazione interna). E una buona architettura è contrassegnata da una serie di elementi “paratestuali” che la rendono leggibile ai nostri lettori/ascoltatori.

Questo è tanto più vero per le presentazioni complesse, ovvero le presentazioni scientifico/didattiche che possono durare ore e essere composte da decine o centinaia di slide. In questo caso, senza avere una buon apparato di indici e indicatori interni, rischiamo di fare perdere i nostri ascoltatori.

Ogni presentazione di questo tipo, quindi, dovrebbe avere un andamento “canonico”, simmetrico e facilmente prevedibile, fornendo continui richiami paratestuali al posizionamento interno nella struttura.

Qu sotto è elencato un andamento-tipo:

Apparato di indici per presentazioni complesse

In questo modo vi assicurerete un apparato robusto e capace di “imbrigliare” tutti i vostri contenuti.

Peraltro la creaziione di questo apparato rappresenta anche una sorta di prova del nove: se non riuscite a organizzare i contenuti in questo modo e qualche cosa vi “sfugge” (vedi: slide figlie di nessuno) significa che dovete ancora lavorare un po’ sui vostri argomenti.

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Così, tanto per giocare, ho scaricato una presentazione sul parlare in pubblico fatta dalla CGIL ligure (la potete scaricare da qui) e ho provato a rivedere una slide in particolare.

Come potrete notare la presentazione ha molti peccati di “ingenuità” sul piano della costruzione: template preformati, uso eccessivo dei colori, troppo testo, font inadeguati eccetera.

Ecco la slide originale

Slide affollata e non piramidale

Ed ecco il mio rifacimento

Slide rifatta 1

Slide rifatta 2

Come vedete ho fatto due slide, cercando di dividere gli argomenti, ho aggiunto delle immagini, ho tolto alcuni elementi inutili, ho uniformato il font e gli ho dato una precisa gerarchia di grandezza e ho fatto una serie ulteriore di aggiustamenti che lascio a voi il compito di individuare.

E’ poco più di un gioco, ma spero possa mostrare che le slide migliori tengono sotto controllo degli elementi, e li usano per migliorare l’impatto complessivo.

A presto

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Vi segnalo una ottima presentazione, perfetta da quasi tutti i punti di vista. E non mi stupisce: è fatta da un esperto web designer e i rapporti tra design dei siti e design delle presentazioni sono molti (anche se non c’è una sovrapposizione perfetta).

Il tema della presentazione è il web design dei form sul web. Potete notare, in particolare:

– Uniformità di sfondo
– Ottima divisione logica degli spazi
– Logo e numeri di pagina in ogni slide
– Divisione coerente in capitoli (con slide separatrici e icone rappresentative)
– Uso cognitivo dei colori (non per “stupire”, ma per informare)
– Poco testo in ogni slide
– Ottimo uso del grassetto per evidenziare i titoletti
– Gerarchia coerente nell’uso delle dimensioni dei font
– Font a bastoni
– Uso delle immagini a scopo informativo e illustrativo
– Uso di forme e schemi semplici per descrivere i concetti
– Coerenza, prevedibilità, semplicità

Sono tutte qualità fondamentali per una buona presentazione.

Potete scaricarla in PDF da qui.

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Spesso, quando lavoravo ad “Alcatraz”, la mia vecchia azienda, mi capitava di elaborare progetti piuttosto complicati: c’erano sul tappeto cose come il benchmarking, i fattori critici, la tempistica, i dettagli operativi, gli attori in campo, le strategie di medio termine. E via dicendo.

Ero preparatissimo su tutto, ma quando il capo mi “dava udienza” spesso avevo a disposizione solo un minuto per spiegargli tutto. Che fare? Provare a mostrare le mie 50 slide? Oppure dirgli una sola cosa, quella essenziale, ovvero quella che una volta detta, aumentava l’interesse del mio capo e conseguentemente il mio tempo a disposizione?

In questi casi usavo sempre la seconda strategia: una sola cosa ben detta, ovvero il “succo” di tutto il mio progetto. Quando preparate una presentazione fate sempre questa prova: in quanto tempo riuscite ad esprimere il succo della vostra idea? Io chiamo questa la regola dei “20 secondi”.

cronometroCerto, probabilmente il vostro progetto è molto articolato, ha richiesto parecchio lavoro di analisi, molte ricerche, tante ore a pensare a che cosa fare e a come farlo. Tutto questo però, alla fine, si concretizzerà in un’idea da proporre al vostro committente.

E’ Per capire se se la vostra idea “regge” non c’è niente di meglio che domandarsi prima: se dovessi dirla in 20 secondi, che cosa direi? Se non riuscite a trovare una formulazione adatta, probabilmente siete ancora in fase di brainstorming.

Se invece ci riuscite, bene quella e “la cosa” che avete da dire (potrebbe essere, che so: “dobbiamo espanderci sul mercato giapponese entro due anni”, oppure “dobbiamo aprire un canale internet per fare e-commerce dei nostri prodotti”, oppure “dobbiamo acquistare un prodotto di CRM che favorisca la conoscenza mirata dei nostri clienti, oppure “dobbiamo riposizionare il nostro brand per un target più giovane attraverso nuovi prodotti e una serie di campagne  mirate”.

Ecco, la vostra idea dovrebbe poter essere formulata anche in questo modo: con una sintetica affermazione (ovviamente gravida di conseguenze…).

Questa idea, in fondo, è il “cuore” della vostra presentazione. Sarebbe meglio che stesse sempre in una slide a parte.

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Quando il testo che dobbiamo posizionare sulla slide è abbastanza lungo e strutturato (ovvero è composto da diversi blocchi –  coerenti – di senso, paralleli tra di loro) spesso ricorriamo ai punti elenco per dividere tra di loro i vari blocchi.

Schema solo punti elenco

In questo modo il testo viene spaziato e diventa apparentemente più leggibile. Perché dico “apparentemente”? In realtà, anche se il testo è posizionato all’interno dei vari punti resta un testo unidimensionale, vale a dire con un unico livello di lettura possibile: le persone dovranno comunque, per cogliere il senso del testo, leggerlo dall’inizio alla fine.

Per rendere più efficace la slide, in questi casi, è opportuno (quando non indispensabile) associare ad ogni punto un sottotitolo esplicativo, che dia immediatamente la descrizione del testo sottostante. In questo modo otteniamo tre benefici effetti:

  1. Creiamo dei punti focali per l’occhio, facilitando un percorso cognitivo di apprendimento
  2. Creiamo un doppio livello di lettura, che permette di assimilare i nostri concetti in bocconi digeribili
  3. Miglioriamo la leggibilità complessiva e il tempo medio di assimilazione del testo

Schema blocchi di testo con sottotitoli

Tutto questo lo facciamo, in questo caso, aggiungendo del testo, e non eliminandolo. sembra paradossale, ma dobbiamo considerare che il testo che aggiungiamo non sta allo stesso livello logico del testo di base.

Questa operazione è, in tutto e per tutto, un’operazione giornalistica: dobbiamo aggiungere sottotitoli efficaci per migliorare la comunicazione. Spesso non ci pensiamo, oppure abbiamo fretta o non ci siamo abituati. E invece dovrebbe essere (più o meno) la norma editoriale per i blocchi di testo “consistenti”.

L’effetto positivo è assicurato.

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Se avete tanto testo nella slide di una presentazione avete un problema. Sopra i 600 caratteri è molto probabile che le persone non leggeranno la slide per nulla. Sopra i 900 caratteri potete stare certi che non la leggeranno.

E allora? La cosa migliore, in questo caso, è dividere il testo su su tre slide (come minimo): in questo modo dividerete meglio i contenuti a livello concettuale e li renderete più omogenei internamente, le slide saranno più leggibili, il testo potrà essere distanziato meglio e potrete anche inserire delle immagini, che sono essenziali per aumentare l’efficacia della presentazione.

Con questa operazione, mi raccomando, provate anche a fare un repulitsti del testo che non serve veramente. Ricordate che una slide non è word.

tre_slide_non_una

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Uno dei falsi problemi che a volte ci poniamo (o che ci vengono posti come vincolo da qualche sapientone di turno) è quello delle poche, pochissime, slide. “Mi raccomando, poche slide”, dicono, “Deve stare tutto in tre slide”. Ammazza. E perché mai? A volte mi capita che, in alcuni corsi, mi venga imposto un limite tassativo che, in alcuni casi, diventa uno spartiacque metodologico: se usi tante slide vuol dire che non sai gestire l’aula. Questo poi e *veramente* sbagliato.

quantità di slide

L’idea, mutuata da una concezione fordista-taylorista del lavoro è che “tante slide = tanto tempo per le composizione = tanto tempo per la lettura = tanto tempo per la presentazione “. Quanto tempo? Sempre troppo, secondo i parametri di efficienza dei nostri astuti manager. Solo che, tenendo fede a questo assunto, incontriamo un po’ di problemi. Perché è ovvio che noi abbiamo delle cose da dire, se no non faremmo le slide. Inoltre i vincoli alla quantità non dovrebbero mai, in questa visione, ledere i contenuti, che invece, di regola, ci dovrebbero esseri tutti. Giusto?

E allora comprimiamo. Questa compressione ha tre effetti:

1) Aumenta a dismisura il carico cognitivo delle singole slide (aumentando, e non diminuendo il tempo per leggerle. Il tempo per leggerne una compressa, insomma, e maggiore della somma dei tempi di lettura di due diluite. Provate).

2) Costringe a mettere insieme le mele con le pere. Con il risultato che l’argomento non si chiarifica, ma si complica maggiormente rispetto alla pura esposizione orale.

3) Spinge a trovare soluzioni di formattazione al limite del ridicolo, con visual illeggibili, font microscopici, spazio della slide occupato come un campo profughi libanese.

Alla fine, vediamo che qualche cosa non quadra, e ci chiediamo il perché. E scopriamo, ad esempio, che uno degli effetti collaterali di questa compressione è l’impossibilità di mettere correttamente in evidenza alcuni punti. Nel peggiore dei casi, allora, lavoreremo su questi punti aggiungendo grassetti, frecce, ovali di evidenziazione. Peggiorando il tutto.quantità di slide

Nella mia esperienza ho capito che la quantità di slide non è mai un problema. Useremo le slide che ci servono. Ma rispettando una serie di principi di leggibilità che faciliteranno il lavoro e aiuteranno la lettura e la comprensione. E uno di questi principi è quello di lasciare respirare i concetti, e diluirli in modo granulare all’interno della presentazione. 15 punti-elenco non hanno senso: vuol dire che non avete diviso bene i vostri concetti. 4 grafici simultanei non hanno senso, perché non abbiamo 8 occhi, e li guarderemo comunque sempre in sequenza. Mi dite che i grafici vanno visti “in simultanea”? allora dovete rifare i vostri grafici.

Oppure ne “segherete” qualcuno. Sì, perché un altro principio riguarda invece proprio la quantità di contenuti (quell’oggetto intangibile secondo la teoria della “quantità di slide”): se avete preparato la vostra strategia correttamente, presenterete solo una selezione dei contenuti, ovvero quelli adatti a quel tipo di contesto. Ed ecco che, se lascerete da parte la vostra “volontà di potenza” esplicativa concentrandovi sull’essenziale “in quel momento”, le vostre slide si ridurranno come per magia.

Non sto dicendo, quindi, che la presentazione deve avere cose gratuite o inutili. Al contrario: l’utilità va misurata continuamente, ma sulla vostra platea, non nella vostra mente. Concentrandovi sulla quantità di slide state in realtà focalizzando solo una parte del problema, perdendo di vista il tutto. Per una presentazione di una gioranta intera io utilizzo, in media, da 100 a 150 slide. E vanno via in scioltezza, credetemi. Ecco un articolo di Garr sull’argomento.

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