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Archive for febbraio 2006

Immersione all’Interno

Domani sarò qui, e sarò fuori combattimento per tre giorni. Ci si rivede poi. Ciao

p.s. Scusate, oggi mi hanno fatto notare che in realtà mi trovo qui.

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Oggi, lezione in un master a 15 ragazzi neolaureati. Argomento: la presentazione efficace (e te pareva). Mostro le mie slide e dico loro, fin da subito, che saranno più di 150 (per sette ore di lezione). Ogni slide, peraltro, riporta il numero della slide rapportato al numero totale di slide (tipo: 23/150).

A un certo punto un’allieva mi chiede se sia veramente opportuno anticipare fin da subito questi numeri. Non spaventerà la platea? Non produrrà pericolosi effetti boomerang? La risposta è: decisamente no! In ogni presentazione che si rispetti non ci sono effetti “sorpresa” che non siano stati attentamente pianificati. E la lunghezza della presentazione non rientra mai tra questi. Le persone devono sapere che cosa aspettarsi, devono avere un contesto nel quale orientarsi, devono poter fare i loro conti.

Trasparenza. Patti chiari. Condivisione. Tutto quello che non dico è un’incognita pericolosa, innanzitutto per me: qualcuno penserà che le slide sono 17, altri che sono 100, altri che sono 50. E questo non mi fa gioco: scontenterò sicuramente qualcuno.

La regola allora è: anticipare tutto quello che posso anticipare. Ovvero “bruciare le informazioni”. Dobbiamo anticipare subito tutto quello che aiuterà la platea a capire dove e come muoversi. A partire (ma non solo) dalla lunghezza. E’ come sul web: non conta tanto se una pagina si apre solo dopo 50 secondi: il vero problema è sapere esattamente quanto ci impiegherà ad aprirsi. E allora è meglio dire: “Si, le slide sono 150: non spaventatevi, andranno via in scioltezza” che nascondersi sotto il tappeto del mistero, perché tutto (t u t t o) si paga alla fine.

Per la cronaca: le slide sono andate veramente in scioltezza, e abbiamo fatto anche tre (dicasi tre) esercizi pratici.

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Come si sottolinea da più parti, (ad esempio qui oppure qui) le immagini, in una presentazione, sono strategiche: aumentano l’attenzione e migliorano l’efficacia del messaggio, perché riescono a coinvolgere un numero maggiore di facoltà cognitive. Solo che, per renderle efficaci, dobbiamo essere consapevoli del loro ruolo specifico all’interno del progetto: non basta dire: “aggiungiamo qualche visual” per ottenere l’effetto voluto. Le immagini sono un ottimo alleato, ma devono essere usate all’interno di una strategia. Possiamo distinguere tre usi ben precisi delle immagini:

– Suggestione evocativa
– Metafora concettuale
– Esempio concreto

Cartina Milano anticaL’immagine di un’altalena può essere una suggestione che evoca il gioco e la libertà, una metafora dell’andamento oscillante del mercato, un esempio di che cosa fare quando sei al parco giochi con i pargoletti. L’immagine di una antica cartina di Milano potrebbe rappresentare un elemento decorativo in una presentazione che parla di architettura dell’informazione, (magari associando una cartina diversa ad ogni slide), oppure potrebbe essere una metafora del linguaggio naturale o, ancora, essere un esempio di urbanistica antica. Sono tre usi molto diversi tra di loro.

Le suggestioni evocative sono ottime nelle presentazioni di alto livello (meeting, convention), perché alleggeriscono il discorso, tendono a coinvolgere e sono un supporto emozionale per un discorso orale che non si serve in senso stretto delle slide. In questo senso c’è molta libertà di scelta.

Le metafore concettuali sono ottime per le presentazioni persuasive e di business, perché permettono una comprensione immediata dei concetti abbreviando i tempi cognitivi. Ma vanno scelte attentamente, per evitare di mandare  fuori strada la platea.

Infine, gli esempi concreti sono essenziali nelle presentazioni didattiche e tecnico-operative, insomma nelle presentazioni dove dobbiamo spiegare e insegnare qualche cosa. Sono ovviamente immagini molto attinenti con l’oggetto della presentazione.

Se tenete fede a questa tripartizione di usi sarete sicuri che la vostra platea non si disorienterà. Quello che invece andrebbe evitato come la peste è di mescolare gli usi, inserendo immagini evocative, metafore ed esempi nella stessa presentazione.

Non importa se le immagini sono bellissime: quello che conta è che la strategia con la quale le utilizziamo sia ben definita a monte.

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Quando, in una slide, inseriamo una casella di testo dobbiamo stare attenti ad assegnarle alcune proprietà che ci permettano di tenerla sotto controllo: lasciata a se stessa, infatti, potrebbe dare qualche problema. Provate, nella casella delle proprietà, a flaggare i due campi relativi all’a capo e al ridimensionamento automatico, come indicato nella figura sotto:

proprietà casella di testo

In questo modo vi assicurerete alcune cose:

– eviterete di spezzare il testo forzatamente con il taso “Invio”. Questo manterrà il testo di ogni paragrafo più compatto ed eviterà che la prima lettera di ogni paragrafo diventi automaticamente maiuscola

– il testo resterà nei confini che avete dato voi, evitando di fuoriuscire dalla slide costringendovi a ridimensionamenti ad hoc

– avrete un’idea precisa delle esatte dimensioni del testo

– potrete spostare meglio la casella nello spazio

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Tutorial, se vi va…

Non sono un fanatico di tutorial in rete: generalmente si limitano ad indicare le funzionalità ma non la strategia. Ad ogni modo, se qualcuno ha voglia di cimentarsi sui fatti tecnici di base di Powerpoint ecco due tra i migliori tutorial in italiano in cui mi sono imbattuto:

Un tutorial a cura della Facoltà di Lettere dell’Università di Venezia

Un altro tutorial, a cura dell’Università di Padova
Buon lavoro

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Il format con il quale costruiamo le nostre presentazioni ha molto a che fare con elementi di cultura organizzativa che, nascosti dietro alle nostre slide, entrano subdolamente in gioco a nostra insaputa mentre creiamo una presentazione. Per  “cultura organizzativa” intendo, esattamente come Clifford Geertz, un dispositivo semiotico: una sorta di “documento agito”, non perfettamente esplicitabile, ma che governa implicitamente le nostre scelte. In genere sopiti e invisibili, questi elementi emergono nei momenti di crisi, sotto forma di ansia.

Una volta ho dovuto preparare la presentazione a una mega-dirigente per un meeting di alto livello: il pubblico era composto da altri mega-dirigenti più una attenta selezione della “truppa”. Un classico: si commentano i risultati e si getta uno sguardo sugli obiettivi a venire. Un format conosciuto, che si concretizza, in genere nella selezione/combinazione di alcuni elementi base:

– numeri e tabelle
– grafici
– frasi vaghe e slogan
– immagini “di repertorio” (tipo: saltatore con l’asta)
– punti-elenco
– esposizione neutra
– esclusione del soggetto dall’oggetto del discorso

Insomma, una noia mortale. Quindi, parlo con la dirigente e le do due suggerimenti:

– evita, nelle slide, di mettere numeri, grafici, tabelle, frasi ad effetto e immagini scontate: ogni slide deve contenere una sola parola e una sola immagine, tipo variazioni sullo stesso tema

racconta una storia: ripensa a qualche episodio significativo e raccontalo. Qualcosa di vero, che ti appartiene. Non aver paura di divagare, prenditi il tuo tempo: raccoglierai le fila al termine.

slide evocativaLa dirigente è affascinata dall’idea e si mette all’opera. In breve tempo elabora la sua storia. Tutto bene, quindi. Solo che, a un certo punto si sente a disagio. Non le basta un’immagine e una foto per slide: lei vuole raccontare che prima eravamo in questa fase e ora dobbiamo arrivare in quest’altra fase e quindi ci vogliono almeno due parole, e due immagini. Poi si accorge che dobbiamo mettere per forza dei punti elenco, però l’immagine vuole lasciarla, ma sullo sfondo.

Ed ecco che il concept, da semplice richiamo evocativo, diventa una versione sbiadita del classico “grafici/tabelle/punti-elenco” Un mescolamento inquietante. Primo errore.

Arriva il giorno del meeting e siamo tutti in pista: la dirigente è visibilmente nervosa e la sua ansia cresce sempre di più man mano che si avvicina il suo turno. Poi sale sul palco, e comincia a raccontare la sua storia. La storia era perfetta: personale, emblematica, sentita. Chi non era perfetto era lei: sguardo basso, voce flebile, corpo chiuso su se stesso. Un condannato a morte. Secondo errore.

La presentazione alla fine è andata, ma non è stata certo memorabile. Perché? In fondo l’idea era abbastanza buona e la presentazione era innovativa: avevamo usato alcuni elementi ottimi per catturare l’attenzione in un meeting tradizionale:

– slide senza dati
– elementi visuali inconsueti
– autobiografia
– narrazione

Ma non eravamo andati fino in fondo: le slide erano un “ibrido” e la portata innovativa della “storia” era squalificata dalla stessa narratrice, che in un istante aveva capito che cambiare questi elementi non era solo un diverso modo di dire le stesse cose, ma significava mettersi in gioco completamente e uscire dalla gamma di “mosse” concesse.

Insomma, quando cambiamo il format non stiamo lavorando sui contenuti, ma sul codice. E dobbiamo essere consapevoli di quello che stiamo facendo. E non ci sono mediazioni: o ci stiamo o non ci stiamo.

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Abbiamo messo a punto i nostri contenuti in una presentazione, ma ci sembra che non ci guardi qualche cosa: c’è tutto, ma il discorso non fila. Oppure ci sembra che ci sia “troppo” o al contrario che non ci sia nulla. Magari lavoriamo un po’ con la grafica, ma vediamo che il risultato non cambia. Oppure togliamo e aggiungiamo contenuti, ma allora il discorso non regge più. Che sta succedendo? In realtà dobbiamo tenere sempre distinti vari livelli di progettazione.

i tre ingredienti di Cliff AtckinsonSostanza, struttura, interfaccia. Raramente ho trovato meglio esposto il tema degli elementi di una presentazione come in questo lucido post di Cliff Atckinson (mi è arrivato anche il suo libro: presto riferirò a riguardo). Sono tre dimensioni molto diverse e dobbiamo imparare a distinguerle per evitare di far collassare tra di loro i problemi specifici di ciascuna di esse.

Sostanza: i contenuti

Struttura: il modo in cui li organizzate tra di loro

interfaccia: il modo in cui li presentate su slide.

Certo, nella realtà pratica ogni livello influenza gli altri, ma restano concettualmente livelli distinti. Se ci pensate non è molto diverso da web: anche nei contenuti in rete esiste, ed agisce continuamente questa divisione di metodo. La differenza, ovviamente, sta nelle regole specifiche di ciascuna di queste dimensioni: tanto per fare un esempio, l’andamento su slide è sequenziale e non ipertestuale, e questo costringe a inventare soluzioni diverse nella costruzione dell’architettura. Ci sono molte altre differenze in ciascun livello: ne riparleremo. Per ora mi limito a sottolineare la “valenza euristica” di questa distinzione. Tenerla sempre a mente aiuterà a capire da che parte arrivano i problemi.

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Uno dei falsi problemi che a volte ci poniamo (o che ci vengono posti come vincolo da qualche sapientone di turno) è quello delle poche, pochissime, slide. “Mi raccomando, poche slide”, dicono, “Deve stare tutto in tre slide”. Ammazza. E perché mai? A volte mi capita che, in alcuni corsi, mi venga imposto un limite tassativo che, in alcuni casi, diventa uno spartiacque metodologico: se usi tante slide vuol dire che non sai gestire l’aula. Questo poi e *veramente* sbagliato.

quantità di slide

L’idea, mutuata da una concezione fordista-taylorista del lavoro è che “tante slide = tanto tempo per le composizione = tanto tempo per la lettura = tanto tempo per la presentazione “. Quanto tempo? Sempre troppo, secondo i parametri di efficienza dei nostri astuti manager. Solo che, tenendo fede a questo assunto, incontriamo un po’ di problemi. Perché è ovvio che noi abbiamo delle cose da dire, se no non faremmo le slide. Inoltre i vincoli alla quantità non dovrebbero mai, in questa visione, ledere i contenuti, che invece, di regola, ci dovrebbero esseri tutti. Giusto?

E allora comprimiamo. Questa compressione ha tre effetti:

1) Aumenta a dismisura il carico cognitivo delle singole slide (aumentando, e non diminuendo il tempo per leggerle. Il tempo per leggerne una compressa, insomma, e maggiore della somma dei tempi di lettura di due diluite. Provate).

2) Costringe a mettere insieme le mele con le pere. Con il risultato che l’argomento non si chiarifica, ma si complica maggiormente rispetto alla pura esposizione orale.

3) Spinge a trovare soluzioni di formattazione al limite del ridicolo, con visual illeggibili, font microscopici, spazio della slide occupato come un campo profughi libanese.

Alla fine, vediamo che qualche cosa non quadra, e ci chiediamo il perché. E scopriamo, ad esempio, che uno degli effetti collaterali di questa compressione è l’impossibilità di mettere correttamente in evidenza alcuni punti. Nel peggiore dei casi, allora, lavoreremo su questi punti aggiungendo grassetti, frecce, ovali di evidenziazione. Peggiorando il tutto.quantità di slide

Nella mia esperienza ho capito che la quantità di slide non è mai un problema. Useremo le slide che ci servono. Ma rispettando una serie di principi di leggibilità che faciliteranno il lavoro e aiuteranno la lettura e la comprensione. E uno di questi principi è quello di lasciare respirare i concetti, e diluirli in modo granulare all’interno della presentazione. 15 punti-elenco non hanno senso: vuol dire che non avete diviso bene i vostri concetti. 4 grafici simultanei non hanno senso, perché non abbiamo 8 occhi, e li guarderemo comunque sempre in sequenza. Mi dite che i grafici vanno visti “in simultanea”? allora dovete rifare i vostri grafici.

Oppure ne “segherete” qualcuno. Sì, perché un altro principio riguarda invece proprio la quantità di contenuti (quell’oggetto intangibile secondo la teoria della “quantità di slide”): se avete preparato la vostra strategia correttamente, presenterete solo una selezione dei contenuti, ovvero quelli adatti a quel tipo di contesto. Ed ecco che, se lascerete da parte la vostra “volontà di potenza” esplicativa concentrandovi sull’essenziale “in quel momento”, le vostre slide si ridurranno come per magia.

Non sto dicendo, quindi, che la presentazione deve avere cose gratuite o inutili. Al contrario: l’utilità va misurata continuamente, ma sulla vostra platea, non nella vostra mente. Concentrandovi sulla quantità di slide state in realtà focalizzando solo una parte del problema, perdendo di vista il tutto. Per una presentazione di una gioranta intera io utilizzo, in media, da 100 a 150 slide. E vanno via in scioltezza, credetemi. Ecco un articolo di Garr sull’argomento.

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Quando creiamo un grafico su Powerpoint succedono cose strane: una delle più strane è che, mentre modifichiamo la grandezza del grafico per renderlo leggibile e adattarlo allo spazio sulla slide, i testi (della scala sugli assi, delle varie etichette, passano improvvisamente a dimensioni mostruose o microscopiche.)

Ridimensionamento testi dei grafici

Questo succede perché il simpatico programmino pensa, lui, che se allarghiamo il grafico, e che diamine, dovremmo allargare anche i testi! E quindi lascia “flaggata” l’opzione di ridimensionamento automatico, come vedete nella figura in alto.

E’ questo no è bene: ehi, diciamo, sono solo i dati a dover essere allargati, non i testi e le didascalie! In realtà tutto ciò che ci fa perdere il controllo in nume di una fantomatica facilità di realizzazione rappresenta una specie di sciagura per la corretta visualizzazione: cadiamo in balia di uno standard medio tarato sulle peggiori abitudini, evidentemente le abitudini che vanno per la maggiore a Redmond, ma non nel resto del mondo…

Dobbiamo riprendere il contrllo: e In questo caso, riprendere il controllo significa “deflaggare” sempre il ridimensionamento automatico, sia negli assi (che riportano la scala e le didascalie) sia nella finestra della legenda.

In genere, una dimensione di 12, massimo 14 pt è ottimale per le scale, mentre per le voci degli elementi del grafico dobbiamo ridurre, da 8 a 10 va bene. Ehi, direte, ma così non si legge. Errore: quello che si deve leggere sono i dati, non le didascalie, che sarete voi ad illustrare. Se poi il grafico viene stampato non c’è problema: su carta queste dimensioni si leggono benissimo.

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Il tema dei testi per le slide è una di quelle cose sulle quali le persone pensano meno di “pagare un dazio” per i loro errori. In fondo, pensano, sui testi per le slide non ho molta scelta: devo dire queste cose, e quindi le dico! Il risultato è, il più delle volte, illeggibile.

Scrivere testi per una slide è molto diverso che scriverli per la carta o per il web perché, come ci conferma il buon Edward Tufte, le slide son uno strumento a bassa risoluzione, e possono ospitare un numero ristretto di dati. Guardate questo esempio:

densità del testo su slide

Quanti caratteri ci sono? Solo 550, poco più di qualche riga word. Oh, lo so, viste così sembrano un’inezia, ma pensate a proiettarle in aula: che cosa succede alla platea? Probabilmente si metterà a leggere, e voi diventerete inutili per un buon lasso di tempo, oppure deciderà di concentrarsi su di voi, e allora sarà la slide ad essere inutile. Interi blocchi di testo, su slide, diventano devastanti. Credetemi. Grazie a PresentazionZen vi rimando ad un articolo interessante di consigli sulla scrittura dei testi per slide.

Possiamo aggiungere altri consigli a quelli elencati? Molti. Proviamo a limitarci ai più generali

1) Scrivere su slide non è come scrivere su carta. Dovete usare circa il 70% di parole in meno

2) Non scrivete periodi, ma frasi. La frase è l’unità di misura dei testi su slide.

3) Dividete il vostro pensiero in bocconi digeribili e piazzate i bocconi in slide diverse. Non è importante mettere tutto in un blocco. E’ un falso problema.

4) Se le parole non sono chiare neanche a voi, eliminatele o sostituitele

5) Se impiegate più di 15 secondi per leggere una frase, dovete lavorarci su

Pensate all’esempio di sopra: Quali parole eliminereste? Ne butto là qualcuna: ma, ovvero, i quali, quello che, è, si possono studiare, nel loro operare. E sono stato stretto. Certo, poi il testo, guarda un po’, andrà rivisto.

Ci ritorneremo.

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Uscire dall’incubo

Sliderman aiutaci

Questo è un blog dedicato al mondo delle presentazioni e all’utilizzo di Powerpoint, ovvero il più banale, subdolo e presuntuoso programma della Microsoft. Troverete consigli, aneddoti, recensioni, segnalazioni e tutto quello che riguarda l’efficace utilizzo del programma e che ho capito nel mio lavoro di produttore e consumatore di presentazioni. Questo blog nasce perché mi sono accorto che intranet management cominciava ad essere troppo affollato di cose poco attinenti.

In questi anni io, come tutti voi, ho prodotto centinaia di presentazioni. Come tutti voi le ho modificate, migliorate, rielaborate, ci ho passato talvolta le notti. Ebbene sì, Le slide possono anche abbrutire. Ma possono, e bene, facilitare il nostro lavoro di lavoratori della conoscenza, di professionisti del capitalismo cognitivo del terzo millennio.

A patto che impariamo a usare come strumento di comunicazione e non come l’ennesimo talismano-tuttofare del quale subire gli effetti. Quando presentiamo, progettiamo, insegniamo, pensiamo, siamo noi gli attori principali: il resto sono dettagli tecnici. Ho visto e prodotto orrori, a volte sono stato stupidamente soddisfatto, altre volte non mi tornavano i conti. In questo blog cercheremo di fare qualche passo in avanti. Slide o non slide, parleremo di comunicazione. Per provare a uscire da questo incubo fatto di punti elenco e grafica da quattro soldi.

Grazie a todos.

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