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Archive for marzo 2006

In una simpatica provocazione, Gary Turner consiglia di inserire di soppiatto, in ogni presentazione, una slide vuota che riproduca l’assenza di segnale del proiettore. Così, dice, lo speaker sarà “costretto” a parlare come un essere umano. Anche io ogni tanto mi pongo il problema del “vuoto”, ovvero dello spazio cognitivo che è necessario darsi per lasciare che i contenuti emergano.

slide semivuotaA dire il vero è proprio quello che ho fatto nella mia presentazione di sabato: ogni slide era in realtà semivuota, e conteneva solo una parola o poco più.  In questo modo la platea aveva tutto lo spazio cognitivo necessario per ascoltarmi e prendere appunti. Le slide scandivano il discorso, che si sviluppava in modo concentrico a partire da quell’unica parola.

Quali sono i vantaggi? E in quali casi è bene usare una strategia di questo tipo? Sicuramente è una strategia che va bene:

– per presentazioni brevi (da 15 minuti a 60 minuti)

– per presentazioni discorsive e per testimonianze

– per presentazioni di alto livello, nelle quali l’oratore si può lasciare andare alle digressioni che il contesto gli suggerisce

Per fare questo, ovviamente, è necesaria una preparazione doppia rispeto a una presentazione tradizionale. Potete improvvisare solo se siete molto, ma molto preparati. Usare le note della presentazione per tenere sott’occhio i punti principali è, in questo caso, un’ottima tattica.

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Scrivere un testo e circondarlo con un rettangolo colorato. Inserire una freccia riempirla con una sfumatura. Descrivere un processo con un freccione che occupa mezza slide. Usare dei punti-elenco a forma di pollice alzato. Inserire oggetti tridimensionali. Scrivere i testi con ombreggiature chiassose. Inserire forme geometriche in rilievo. Son tutti esempi di uso della grafica in Powerpoint.

colonna baroccaQuando usiamo la grafica siamo costantemente alle prese con un dilemma: usare o no le possibilità fantasmagoriche di Powerpoint? Lasciarsi andare o no all’orgia di effetti grafici consentiti dal programma? Essere classici o barocchi? In fondo che male può fare una freeccina tutta colorata? Perché vietarsi le ombreggiature? E i miei poveri testi, che fine faranno senza il protettivo conforto di un bel rettangolone?

La risposta è: usateli solo se servono veramente. E quando servono?  Quando danno un valore aggiunto sul piano cognitivo. In una slide la grafica ha un ruolo importante, ma non spettacolare. Serve, si, ma solo per spiegarci meglio. E allora e meglio essere “classici”, piuttosto che cedere ai tanti barocchismi inutili che ci attraversano la strada.

colonna classicaConsiderate che, in una presentazione, state comunicando in una specie di Grande Conversazione con la vostra platea. Il che significa che state obbedendo, che lo vogliate o meno, a un principio di cooperazione (Paul Grice).

In base a tale principio ogni vostro atto di comunicazione sarà preso dal vostro interlocutore come vero, pertinente, adeguato al contesto. E quando il vostro interlocutore non troverà più un senso adeguato in quello che comunicate comincerà a fare inferenze per ristabilirlo.

Questo fenomeno, noto come implicatura conversazionale, si tradurrà per i vostri ascoltatori in una serie di domande: il rettangolo forse è stato usato perché voleva dirmi che…

Insomma, se non c’è un senso, state certi che la vostra platea troverà il modo di attribuirglene uno. Ma il risultato di queste inferenze potrebbe sorprendervi.

Usate la grafica, ma solo per quello che vi serve Usatela per evidenziare, per focalizzare, per chiarire, per esemplificare, per dare metafore adeguate. Ma eliminate tutto il resto.  Cercate di limitare, e non di amplificare le implicature conversazionali: ne guadagnerà il vostro messaggio.

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La parte centrale di una slide, quella dove in genere si inseriscono i contenuti, è uno spazio di circa 25 centimetri di lunghezza. Se ci pensate, è una lunghezza considerevole, specialmente per i testi: in quasi nessuna occasione, (giornali, libri, web, mail) ci capita infatti di leggere testi che si espandono così tanto. E il motivo è semplice: se le righe di testo sono troppo lunghe l’occhio farà molta più fatica a seguirle il filo. Provate.

Ora, capita che la possibilità tecnica di tutto questo spazio, unita alla contemporanea necessità di “dire tutto il possibile” spinga a creare caselle di testo di 20 centimetri o più sulle slide. Sembra la scelta più facile e intuitiva, ma purtroppo questo riduce di molto la leggibilità dei testi.

casella di testo lunga

L’occhio deve partire da sinistra e farsi tutta una corsa fino a destra. Poi deve ritornare a sinistra abbassandosi di una riga. Se le slide sono proiettate non è facile.

Per questo motivo sarebbe meglio non approfittare mai de tutto dello spazio che abbiamo a disposizione, ma costruire delle caselle di testo che non superino i 13-15 centimetri di lunghezza.

Casella di testo corta

Questo semplice stratagemma consente di risolvere una serie di problemi e apre contemporaneamente alcune possibilità:

– L’occhio corre di meno sulla slide
– Il testo di fa più compatto e leggibile
– Siamo in qualche modo costretti a scrivere di meno, e questo e sempre un bene
– Possiamo finalmente inserire a fianco del testo delle immagini che siano attinenti. In questo modo soddisferemo sia l’emisfero sinistro che l’emisfero destro dei nostri ascoltatori. :-)

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foto di hemingwayIn una famosa intervista sul mestiere dello scrittore, (edita in Italia dal Melangolo di Genova) Ernest Hemingway parlava del “principio dell’iceberg” :

“I sette ottavi di ogni parte visibile sono sempre sommersi. Tutto quel che conosco è materiale che posso eliminare, lasciare sott’acqua, così il mio iceberg sarà sempre più solido. L’importante è quel che non si vede. Ma se uno scrittore omette qualcosa perché non la conosce, allora le lacune si noteranno.”

E’ proprio così. E sicuramente era così nella narrativa di Hemingway. Ma forse questo principio può rivelarci qualche cosa anche sulle presentazioni. Si, perché una presentazione non è mai autosufficiente: se ci pensate le slide migliori sono quelle che, lette separatamente dal loro contesto di emissione, non si capiscono del tutto (e questa può essere anche una specie di “prova del nove” del vostro prodotto).

Le slide sono, insomma, degli oggetti insaturi semanticamente e che solo nell’incontro con una parola viva acquistano il loro senso e esprimono la loro efficacia in termini di resa cognitiva. Le poche parole sulla slide, assieme a immagini ed elementi grafici, sono solo una parte minima di quello che avete da dire.

Considerate le slide, quindi, come se fossero la punta dell’iceberg del vostro discroso, la sola parte visibile. Il resto dell’iceberg è dentro di voi: nella vostra voce, nella vostra espressione, nella capacità che avete di illuminare i contenuti riporati sulle slide e di dargli spessore. Se siete padroni della materia le slide vi aiuteranno a fare chiarezza. Ma se non siete in grado di “illuminarle” allora le slide non vi serviranno a nulla e le lacune, come ci dice il buon Ernest, si noteranno.

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Chi mi segue da un po’ di tempo sa che sono un appassionato di musica, e musicista a mia volta. Da un po’ di tempo, dopo il sax, ho iniziato a suonare il flauto traverso. Uno strumento bellissimo, ma insidioso: molto facile da imparare come diteggiatura (specialmente se arrivi dal sax), incredibilmente difficile da maneggiare come postura e espressione. Il flauto, insomma, non ha le difficoltà tecniche del pianoforte, ma questa apparente facilità rischia di trasformarsi in un problema, perché può farci “prendere la mano” : magari cominciamo a suonare senza preoccuparci di badare ad altri elementi che sono essenziali.

immagine di un flauto traversoIl realtà l’esercizio del flauto è un lavoro su se stessi: sul proprio corpo, sulla propria postura, sugli eccessi e sugli elementi in più che involontariamente introduciamo: troppa pressione sulle dita, troppo fiato, troppa tensione nei muscoli, troppa voglia di fare uscire la nota acuta. Studiare il flauto significa imparare ad eliminare degli elementi per fare uscire, finalmente, l’essenza stessa. Il mio maestro mi dice sempre cose come: “meno, meno, meno!”, oppure “lascia, lascia”. Togli elementi, elimina tensione, rilassa i muscoli. Fermati.

Questo tipo di lavoro, che cerca di eliminare gli eccessi, che lavora sul “di più”, che gioca a togliere piuttosto che a mettere, è lo stesso lavoro che dobbiamo fare sulle nostre presentazioni: quando qualche cosa non ci torna, in una presentazione, il più delle volte è perché abbiamo aggiunto troppo: troppa grafica, troppi testi, troppa voglia di dire tutto.

Spesso non capiamo che cosa non va: poi eliminamo qualche cosa e tutto va a posto. Lavorare sulla comunciazione e come suonare il flauto: togliere quello che non serve e lasciare uscire quello che serve.

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