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Archive for luglio 2009

Buone vacanze a tutti

Cari lettori, questo blog (e il suo autore) va finalmente in vacanza. Ci risentiamo a settembre. Ciao!

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Vi segnalo un bell’articolo di Powerpoint ninja dedicato alle strategie di contrasto per i grafici. Effettivamente i grafici di PPt o di altri strumenti, se lasciati a se stessi, rischiano di produrre dei disastri.

Ciò che serve è innanzitutto una strategia di contrasto, per far emergere i punti importanti, affiancata ad una strategia di alleggerimento, per eliminare le cose che non servono ed il rumore, ed infine una strategia di focalizzazione, in modo da far dire al grafico esattamente quello che vogliamo fargli dire.

Il post si focalizza sulla prima strategia

The chart on the left is the standard one-color default. The chart on the right has been altered so that it highlights a key data point.

The chart on the left is the default pie chart. You can select various one-tone styles in Excel. You can create a two-color pie chart by editing one of the one-color styles.

Per quanto riguarda le altre due strategie vi rimando ad un post che mi è stato segnalato da un commentatore: guardate le operazioni che vengono compiute progressivamente:

da così…

The Rapid E-Learning Blog - clean up the basic chart and make it easier to read

…a così…

The Rapid E-Learning Blog - a trendline can add focus

…a così…

The Rapid E-Learning Blog - tell the learner what they should see

…a così…

The Rapid E-Learning Blog - use color contrast to gain focus

…a così…

The Rapid E-Learning Blog - get rid of the noise and distracting data

…a così!

The Rapid E-Learning Blog - do you even need a chart?

Che ne dite?

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Un bellissimo video che spiega come la teoria di Mehrabian (secondo l’interpretazione “volgare” della quale l’aspetto verbale conta solo per il 7% nella comprensione di un messaggio) sia un mito da sfatare.

Un mito che ha resistito, anzi si è ingigantito, per più 40 anni.

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Aaah, questo lo dico sempre anche io nei miei corsi. Le linee importanti devono *apparire* importanti.

E naturalmente il resto (didascalie, linee separatrici, ecc) dovrebbero affievolirsi quando non scomparire. Il risultato dovrebbe essere qualcosa del genere, come mostra Jan Schultink in un suo post:

Insomma, dovremmo cercare di creare una gerarchia visuale anche per quanto riguarda le linee e le forme grafiche in genere. Assolutamente condivisibile (e praticabile).

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Esempi di revisioni di slide

VI propongo alcuni esempi di rifacimenti di slide realmente create, rifacimenti che ho effettuato per illustrarli in un corso che ho tenuto recentemente per funzionari della Pubblica Amministrazione.

Come al solito trovate gli esempi “prima” e “dopo”. Sono solo esempi, che ho fatto velocemente e senza essere peraltro padrone della materia. Che ne dite?

Prima:

elenco01

Dopo:

Esempio 01 di slide rifatta

……………………………………………………………………………….

Prima:

Esempio 02 di slide originale

Dopo:

Esempio 02 di slide rifatta

……………………………………………………………………………….

Prima:

Esempio 03 di slide originale

Dopo:

Esempio 03 di slide rifatta

……………………………………………………………………………….

Prima:

Esempio 04 di slide originale

Dopo:

Esempio 04 di slide rifatta

……………………………………………………………………………….

Prima:

Esempio 05 di slide originale

Dopo:

Esempio 05 di slide rifatta

Esempio 05 di slide rifatta

……………………………………………………………………………….

Prima:

Esempio 06 di slide originale

Dopo:

Esempio 06 di slide rifatta

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Il buon Dave Paradi continua a sfornare video tutorial che illustrano come operare su alcuni dettagli di una presentazione. In questo video ci spiega il modo migliore per mostrare una serie di dati comparandoli con la media. E questo è il risultato

Prima:

Istogramma scadente che compara i dati con la media

Dopo:

Istogramma che compara con una media migliorato

Insomma, l’elemento più importante consiste nel trasformare l’istogramma della meda in una linea che faccia da spartiacque tra i dati sotto la media e quelli sopra la media.

Qui trovate tutto il video-tutorial:

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Una delle regole che cerco sempre di osservare, nelle mie lezioni agli adulti o nei miei interventi pubblici, è quella di buttarla, dove possibile, “sul personale”. Voglio dire: cercare appena posso di trovare – e trasmettere – delle storie che mi siano capitate realmente e che possano illustrare pienamente un concetto o una tesi, come consiglia saggimente anche Garr.

Ma questa “deriva” dall’impersonale di un tema al racconto di personalissime esperienze non è esente da rischi: se la storia non è ben congegnata e pertinente la “tecnica narrativa” rischia di trasformarsi in un boomerang mentre l’immagine di noi rischia di trasformarsi in quella di egocentrici e petulanti oratori. Per questo, personalmente, calibro sempre la quantità, il tipo e le “dosi” di storie che posso e devo raccontare. Metterla sul personale, raccontare aneddoti e storie è insomma una piccola “arte minore” da apprendere sul campo e richiede un certo “esprit de finesse” per poter essere esercitata con profitto.

Ecco un bell’articolo sul tema: il post affronta appunto la questione di quante informazioni personali dobbiamo fornire alla platea durante un discorso.

L’articolo esprime questi rischi in modo sensato e intelligente: se le nostre digressioni personali non sono pertinente al tema (non lo “illuminano”) e non sono in accordo con il tipo di setting e di platea, il rischio di essere controproducenti è assicurato.

Insomma, tutti vogliamo ascoltare storie, ma le storie devono servire a qualcosa.

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Sempre dal bellissimo Powerpoint ninja vi segnalo un bel post dedicato alla strategia per eliminare il lunghi punti-elenco dalle vostre slide.

La strategia è qualcosa di cui abbiamo parlato spesso, e consiste nel focalizzare e nell’eliminare. Il buon Brent Dykes illustra la terapia in 5 steps, prendendo come esempio il nuovo Star Trek.

Eccola:

Fase 1: consapevolezza del problemaThe first step is admitting that you have a problem

Fase 2: Evidenzio i punti chiave

Look at the bullet points and highlight the key phrases that you would remind you of the key points

Fase 3: “taglio” tutto il resto

Cut out the extraneous content that can be spoken to, not necessarily shown

Fase 4a: aggiungo un’immagine

Remember the image needs to be relevant

Fase 4b (extreme): rimuovo tutti i punti e aggiungo altre immagini

The trick becomes finding just the right image

Ora, questo è un post provocatorio, mi rendo conto, ma il metodo che descrive è sensato, ed in fondo non fa altro che esplicitare una serie di strategie che, alla fine sono tutte legittime.

In realtà a volte è sufficiente evidenziare, mentre altre è necessario anche tagliare. Infine, a volte è davvero indispensabile aggiungere anche un’imamgine.

insomma,  questo metodo può essere preso anche come un insieme di tecniche ognuna utilizzabile autonomamente.

E voi? A che fase arrivate con le vostre slide?

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Ok, inizia la presentazione live e per prima cosa il presentatore parte illustrando la mission dell’azienda.

La mission? Hai detto la mission? Ancora la mission? Insomma, avete capito: questo è, nella maggior parte dei casi, un errore.

Iniziare con la mission significa perdere nel migliore dei casi l’attenzione e nel peggiore dei casi la stima del proprio uditorio. Che è venuto ad ascoltare noi, le nostre soluzioni o le nostre proposte e non sa che farsene di una cosa della quale spesso non sappiamo che farcene nemmeno noi.

E allora? Abbandoniamola. Senza rimpianti.

Vi segnalo a riguardo un bel post di Slides that stick (con vignetta al seguito)

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Questo post di Powerpoint Ninja mi ha fatto venire in mente un programmino che uso molto spesso ma che non ho mai citato. Il problema è questo: a volte siamo alle prese con la scelta di colori per una presentazione e dobbiamo magari scegliere un coloro che sia lo stesso del logo del cliente.

Ora, qual è il colore esatto? Per scoprirlo è necessario qualcosa che ci dica al volo l’esadecimale o il valore RGB. Altrimenti, siamo cstretti ad andare a caso e perdere – davvero – un sacco di tempo.

When you open up the More Fill Colors menu, you have the option of entering a specific RGB color value

Powerpoint ninja cita una serie di tool ma io sono affezionato ad un programmino eseguibile semplicissimo che pesa niente e lo puoi portare su una chiavetta.

Il suo nome è Pixie, e mi ha tirato fuori dai guai in moltissime situazioni.

Provatelo, e non potrete più farne a meno!

:-)

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Questa è un’invenzione di Andrew Abela, che la propone all’interno del sito dedicato al suo metodo per le presentazioni.

In pratica lo squint test serve a capire se lo schema generale di una slide e il suo senso si capiscono anche se la slide viene scossa e diventa un po’ “strabica” così:

/uploads/images/squint_test.jpg

L’idea è carina. Qui potete leggere l’articolo completo.

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Illustrata di Robert Scooble in persona

Vodpod videos no longer available.

Scoperto via Slide that stick

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Il blog l’ho scoperto grazie a Luisa, anche se vi devo confessare che il suo libro giace – intonso – da mesi sul mio scaffale.

Eh, la dura vita dello studioso-consulente, costretto nella tragica condizione (per la cronaca, tecnicamente la condizione tragica è quella in cui il soggetto si trova costretto tra due necessità contrapposte, o se volete tra due universali antinomici) la tragica condizione di non poter studiare a sufficienza a causa della consulenza e di non poter aumentare la consulenza a causa dello studio.

Va beh, insomma, il buon Stephen Few ha un blog nel quale parla di dati, statistiche e relative visualizzazioni. Ad esempio nel suo ultimo post ci mostra la “torta impossibile“.

Che cos’è la torta impossibile? Guardate qui sotto:

Che ne dite?

Ma la cosa carina che volevo segnalarvi è il suo test di intelligenza nel graphic design.

Provate: io ho totalizzato 9 su 10 (mannaggia…)

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Una simpatica serie di presentazioni dedicate alle presentazioni efficaci.

Insieme formano un corso  di quella strana “scienza di Powerpoint” oggi sempre più frequentata. La serie non ha pretese di esaustività, ma lancia in modo efficace alcuni messaggi chiari.

Per me quelle interessanti sono la 4, la 5 e la 6.

Che ne dite?

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Dave Paradi segnala sul suo blog alcune risorse (che non esita a farsi pagare) sul miglioramento dei visuals delle presentazioni. In particolare segnala una serie di video (non tutti interessanti a dire il vero) di cui fornisce delle anteprime.

Forse il più interessante riguarda la trasformazione di elenchi di date in eventi su un calendario, ed effettivamente mi sembra una buona idea (anche se il  colore di sfondo della presentazione è davvero orribile).

Da così…

Elenchi di date 1

A così

Elenchi di date 2

Da così…

Elenchi di date 3

A così

Elenchi di date 4

Ok, niente di stratosferico: solo un modo per uscire dalla logica del punto elenco in una situazione che effettivametne richiede una rappresentazione bidimensionale

E questo è il video:

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Un cosa che davvero ignoravo è che ci fossero tecniche e soprattutto mature discussioni in Rete sulle migliori tecniche per presentarsi ai venture capital.

Ovviamente questi problemi esistono solo in Paesi che hanno capital e che sono disposti alla venture, il che esclude a priori il nostro Paese e allo stesso tempo spiega perché ignoravo questa cosa delle presentazioni ai venture capitalist.

Ad ogni modo esistono risorse, ad esempio Both side of the table, così come la sezione “VC” del blog “Slide that stick”.

In un post del primo blog che ho segnalato trovate la sua ricetta per una presentazione ideale. Ha anche pubblicato su Slideshare una sua presentazione dedicata all’argomento.

Come vedete si punta molto sulla famosa “regola dell’ascensore”, ovvero i fatidici 30 secondi nei quali dovrebbe essere racchiuso il “succo”.

Punti importanti di una presentaizone ai venture capitalist

Ma sarà così anche per l’Italia? Mah… In ogni caso buona fortuna a tutti!

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Non sapevo se segnalarla, perché l’esperimento non è venuto tanto bene, ma penso che sia legato al fatto che è una versione free.

In ogni caso, ecco una prova di conversione da PPT a Youtube, usando un programma che si chiama Acoolsoft. E’ scaricabile gratuitamente, anche se, come dicevo, la versione gratuita non offre possibilità di customizzazioni.

Ho fatto l’esperimento usando la mia presentazione su public speaking, pubblicata qualche tempo fa su Slideshare. Come vedete è quasi illeggibile.

Mah..

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Una delle discipline più affascinanti legate alle presentazioni è certamente quella dell’information design, ovvero l’insieme di tecniche (unite alle geniali intuizioni) per rappresentare visivamente dati, relazioni tra dati, rapporti quantitativi, andamento dei fenomeni.

Un appassionato ed esperto della materia in Italia è Duccio Schiavon, che ho scoperto grazie ad una sua bella presentazione su Slideshare.

Gli esempi che Duccio propone sono davvero belli ed efficaci. Duccio descrive anche nel dettaglio i diversi scopi di queste tecniche. L’information design serve:

1) Per illustrare un fenomeno
2) Per analizzare dati
3) Per operazioni di pianificazione
4) Per rendere visibile l’informazione

La cosa interessante è che tutto questo è direttamente legato al tema delle presentazioni, proprio perché il materiale di cui si serve l’information deisgn è praticamente identico a quello usato per creare presentazioni davvero efficaci, ovvero immagini, colori, simboli, parole.

Il tutto all’interno di una dimensione prevalentemente spaziale-pittorica piuttosto che temporale-testuale.

L’information design è naturalmente anche un’arte, oltre che una scienza, (e del resto uno dei suoi massimi esperti, Edward Tufte, è stato chiamato “il Leonardo da Vinci dei dati”)  il che significa che ci saranno sempre diverse soluzioni ad uno stesso problema.

Dobbiamo solo esercitarci, e gli esempi che propone Duccio sono un ottimo punto di partenza.

Buona lettura.

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Cari lettori, benvenuti nella nuova casa del mio blog sulle presentazioni efficaci. Certo, in questi anni il blog è andato un po’ a singhiozzo, così come la mia attività di studio e pratica a riguardo delle presentazioni.

Ma anche se questa resta un’attività parallela (ovvero il lato oscuro della mia professione) non ero più disposto a farmi ospitare da quella banda di fikkettoni di Splinder.

In questi anni ho imparato a trattarmi meglio: cerco di mangiare cose buone, di bere vini di qualità, di andare in posti belli, di frequentare persone belle. E volevo che anche il mio blog facesse parte di questa lenta crescita personale e professionale.

Un grazie alla cara xlthlx per il simpatico aiuto con l’esportazione dei dati (in realtà, trattandosi di Splinder, più che di esportare si dovrebbe parlare di trafugare, visto che i post non sono esportabili e vengono blindati in quella surreale fortezza per disadattati).

Un grazie a chi mi segue e continuerà a seguire le mie scorribande nel delirante mondo delle presentazioni professionali.

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Qualcuno si deve essere accorto che il metodo “zen” (grandi foto, poche parole) predicato dal buon Garr Reynolds non sempre può essere applicabile, e prova quindi a dare una sua soluzione.

E’ il caso di Jan Schultink, che dal suo blog  “Slides that stick” cerca, nel suo ultimo post, di salvare capra e cavoli, individuando un format che oltre a poche parole e gradi foto preveda una sorta di sottotitolo esplicativo, come nella slide che mostra ad esempio

Non so se è una buona soluzione: in realtà dobbiamo cercare di essere realisti e sappiamo che non sempre possiamo operare in questo modo.

A volte sono necessarie più parole: facciamocene una ragione. Possiamo inserire queste parole a fianco oppure sopra la fotografia, ma non possiamo pensare che la strategia – un po’ da oculista – che propone Jan sia alla fine fine percorribile.

A volte lo zen non basta.

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