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Posts Tagged ‘Vuoto’

Lo spazio che utilizziamo su una slide non corrisponde allo spazio della scrittura classico: mentre nello spazio classico della pagina abbiamo una sola dimensione che si dipana come un filo (lo spazio delle righe del testo, una sotto l’altra), lo spazio della slide è uno spazio che vive, come del resto accade in tutti i media digitali, in due dimensioni.

Uno spazio pittorico, insomma, o topologico, che  convive costantemente con la disposizione spaziale degli elementi e con il vuoto. Nessuno leggerà blocchi di testo fitti, anche se formalmente scanditi da punti elenco:

Punti elenco stretti

Mentre in una relazione su carta un elenco come quello sopra non darebbe alcun problema, in una slide questi punti elenco attaccati tra di loro creano uno spiacevole effetto “blocco di testo” e vengono percepiti come un tutt’uno. In genere, un tutt’uno indigeribile.

Per questo è sempre bene “fare passare l’aria” fra i vari punti elenco, occupando entrambe le dimensioni della slide e non solo l’unica dimensione costituita dallo “spazio della scrittura”

Punti elenco larghi

Ricordate: non c’è nessuna ragione per mettere i punti uno sotto l’altro di seguito. Fate spazio al vostro testo, scandite con lo spazio i vostri punti elenco, evitate i blocchi compatti, disponete in modo arioso il vostro testo. Farete così spazio anche nella mente dei vostri ascoltatori.

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“Miles Davis non pensa al suo assolo come ad un monologo di una persona che si mette su un piedistallo e arringa la folla, come avviene ad Hyde Park a Londra, ma al contrario imposta il suo intervento solistico in forma di dialogo, lasciando all’ascoltatore lo spazio necessario per assimilare e meditare”.

Queste belle parole sono del Compositore Piero Quarta e sono tratte da una sua dispensa: “il silenzio in musica: l’importanza di ciò che non si percepisce” ( il PDF di 150 kb si scarica direttamente da qui), pubblicata sul sito della Scuola Popolare di Musica di Testaccio.

Anche noi, credo, dovremmo pensare alle nostre presentazioni come a un dialogo, nel quale lasciare ai nostri interlocutori e ascoltatori il tempo di assimilare  e meditare. Come un incontro di pieno e di vuoto, di pause e di riprese. Pensiamoci tutte le volte che ci vengono fuori slide zeppe fino all’orlo di parole e schemi, ogni volta che riversiamo sulla nostra platea decine di concetti al minuto, senza pause, senza interruzioni. Senza dialogo.

solo miles davis so what

La comunicazione si nutre di vuoto. E credo che nessuno si sia mai azzardato di dire a Miles “hei, amico, ma ci sono poche note nei tuoi assoli!” (salvo, forse, Cannonball Adderley). Ma non ci sono poche note: ci sono le note giuste nella giusta dose di vuoto. E per godere un po’ dopo questo pipposissimo post ascoltiamoci un pezzo del celebre assolo di “So what” (tratto dal celebre “Kind of blue“)

(mp3 – 1,5 mb)

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Chi mi segue da un po’ di tempo sa che sono un appassionato di musica, e musicista a mia volta. Da un po’ di tempo, dopo il sax, ho iniziato a suonare il flauto traverso. Uno strumento bellissimo, ma insidioso: molto facile da imparare come diteggiatura (specialmente se arrivi dal sax), incredibilmente difficile da maneggiare come postura e espressione. Il flauto, insomma, non ha le difficoltà tecniche del pianoforte, ma questa apparente facilità rischia di trasformarsi in un problema, perché può farci “prendere la mano” : magari cominciamo a suonare senza preoccuparci di badare ad altri elementi che sono essenziali.

immagine di un flauto traversoIl realtà l’esercizio del flauto è un lavoro su se stessi: sul proprio corpo, sulla propria postura, sugli eccessi e sugli elementi in più che involontariamente introduciamo: troppa pressione sulle dita, troppo fiato, troppa tensione nei muscoli, troppa voglia di fare uscire la nota acuta. Studiare il flauto significa imparare ad eliminare degli elementi per fare uscire, finalmente, l’essenza stessa. Il mio maestro mi dice sempre cose come: “meno, meno, meno!”, oppure “lascia, lascia”. Togli elementi, elimina tensione, rilassa i muscoli. Fermati.

Questo tipo di lavoro, che cerca di eliminare gli eccessi, che lavora sul “di più”, che gioca a togliere piuttosto che a mettere, è lo stesso lavoro che dobbiamo fare sulle nostre presentazioni: quando qualche cosa non ci torna, in una presentazione, il più delle volte è perché abbiamo aggiunto troppo: troppa grafica, troppi testi, troppa voglia di dire tutto.

Spesso non capiamo che cosa non va: poi eliminamo qualche cosa e tutto va a posto. Lavorare sulla comunciazione e come suonare il flauto: togliere quello che non serve e lasciare uscire quello che serve.

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