Chi mi segue da un po’ di tempo sa che sono un appassionato di musica, e musicista a mia volta. Da un po’ di tempo, dopo il sax, ho iniziato a suonare il flauto traverso. Uno strumento bellissimo, ma insidioso: molto facile da imparare come diteggiatura (specialmente se arrivi dal sax), incredibilmente difficile da maneggiare come postura e espressione. Il flauto, insomma, non ha le difficoltà tecniche del pianoforte, ma questa apparente facilità rischia di trasformarsi in un problema, perché può farci “prendere la mano” : magari cominciamo a suonare senza preoccuparci di badare ad altri elementi che sono essenziali.
Il realtà l’esercizio del flauto è un lavoro su se stessi: sul proprio corpo, sulla propria postura, sugli eccessi e sugli elementi in più che involontariamente introduciamo: troppa pressione sulle dita, troppo fiato, troppa tensione nei muscoli, troppa voglia di fare uscire la nota acuta. Studiare il flauto significa imparare ad eliminare degli elementi per fare uscire, finalmente, l’essenza stessa. Il mio maestro mi dice sempre cose come: “meno, meno, meno!”, oppure “lascia, lascia”. Togli elementi, elimina tensione, rilassa i muscoli. Fermati.
Questo tipo di lavoro, che cerca di eliminare gli eccessi, che lavora sul “di più”, che gioca a togliere piuttosto che a mettere, è lo stesso lavoro che dobbiamo fare sulle nostre presentazioni: quando qualche cosa non ci torna, in una presentazione, il più delle volte è perché abbiamo aggiunto troppo: troppa grafica, troppi testi, troppa voglia di dire tutto.
Spesso non capiamo che cosa non va: poi eliminamo qualche cosa e tutto va a posto. Lavorare sulla comunciazione e come suonare il flauto: togliere quello che non serve e lasciare uscire quello che serve.
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